Palcoscenico. Un drappo di pesante velluto verde circonda la quinta teatrale, avvolgendola in una pesante densità “lynchiana”, pur nel contrasto evidente con l’assoluta eleganza scenica di uno spazio raffinato e minimalista. Latella emoziona con “Chi ha paura di Virginia Woolf?”
Il conflitto, tra apparente bellezza della stanza/mondo, ravvisabile nei canoni di un equilibrio formalista e in quelli del rigore asettico dello spazio di form-azione dei personaggi, e sostanziale, occulto, disorientamento del privato/famiglia, emerge da subito nel gioco al massacro tra i due (poi quattro) coniugi in scena.

Bergamasco e Marchioni in un confronto in scena
Anni ’60. Una coppia alto-borghese di mezza età, Martha e George. Lei figlia del rettore dell’università, lui docente di storia. Dopo una festa invitano a casa un giovane collega, Nick, e sua moglie, Honey. Alterati dall’abuso di alcool, i quattro iniziano un gioco al massacro che porta le coppie a mettersi completamente a nudo, senza pietà o esclusione di colpi.
Chi ha paura di Virginia Woolf? di Antonio Latella ha una rara potenza che impatta lo spettatore nell’immediato aprendo una breccia sulla quale, minuto dopo minuto, scava un senso di disagio che viaggia su un doppio binario: quello distaccato, sadicamente voyeuristico, dell’osservazione della violenza e quello dell’autoanalisi.
La deflagrazione delle due coppie, scritta in punta di bisturi da Edward Albee nel 1962, rappresenta una distorsione della famiglia e delle ipocrisie sociali e, nella messa in scena di Latella, si allarga al disfacimento della condizione umana e delle sue miserie, nutrito da istinti di sopraffazione e sadomasochismo.
Gran parte del merito della riuscita di questo bellissimo spettacolo va sicuramente alla regia, che del testo ha saputo pescare l’essenza ritmica, veemente, lavorando sui vuoti lasciati dalle urla e sui pieni liberati dai silenzi; ma che ha anche sottolineato sensibilmente i tic fisici, mentali, verbali accompagnandoci nel senso apparente e il non senso sostanziale, e facendoci assistere a un parto ideale e un aborto fattuale.
Per ottenere questo risultato, la solida regia di Latella, impreziosita dall’apparato scenografico e illuminotecnico, è stata compiutamente trasferita e accolta da un cast che ha nei due protagonisti, Sonia Bergamasco (Martha) e Vinicio Marchioni (George), due sublimi interpreti. Se la Bergamasco veste perfettamente i panni di una donna liberata dalle convenzioni emotive, penso che Vinicio Marchioni dia vita a una prova superiore, calibratissima, ma naturale in ogni sfumatura – mimica, posturale, vocale – che segue costantemente l’inclinazione della parola e ne riflette densità e significato, con un personaggio imploso nella conservazione reiterata delle frustrazioni che cerca una vendetta. Un vero e proprio viaggio, tristemente emozionante, nelle pieghe sociali e nella prigionia delle sue convenzioni, che riempie sia il luogo scenico sia quello – il nostro – emotivo.
Grazie a tutto questo, “Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Latella diventa un fantastico quadro dei più malsani pensieri di George e Martha e, insieme, uno specchio per noi spettatori. Dolore, bellezza, possibilità di liberazione.
CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?
di Edward Albee
traduzione di Monica Capuani
regia di Antonio Latella
con Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Ludovico Fededegni, Paola Giannini
drammaturgia Linda Dalisi
scene di Annelisa Zaccheria
costumi di Graziella Pepe
musiche e suono di Franco Visioli
luci di Simone De Angelis
produzione Teatro Stabile dell’Umbria con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli
Durata: 3 ore (1 intervallo compreso)
Premi Ubu 2022
miglior attrice/performer: Sonia Bergamasco
miglior attore/performer under 35: Ludovico Fededegni

Bergamasco e Marchioni in un momento dello spettacolo