
Documentario animato di Raúl de la Fuente e Damian Nenow
Documentario animato, Another day of life, di Raul De la Fuente e Damian Nenow, si è aggiudicato il premio del pubblico come miglior film nella categoria Concorso Internazionale al Biografilm 2018 ex aequo con The Things we Keep, di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman.
Tratto dall’omonimo libro tradotto in Italia col titolo “Ancora un giorno”, interessante miscela di animazione e indagine del reale, il film racconta i mesi trascorsi in Angola durante la guerra civile dal giornalista polacco Ryszard Kapuscinsky, inviato dell’agenzia di stampa russa, l’unico per 50 paesi.
In piena Guerra Fredda, nel 1975 i portoghesi lasciano le colonie africane e l’Angola, tra petrolio e diamanti, fa gola. Il paese si spacca in due fronti, da una parte l’MPLA, Movimento Popolare di Liberazione per l’Angola, di matrice marxista leninista, dall’altra l’UNITA, l’Unione Nazionale per l’indipendenza dell’Angola, sostenuto dagli americani.
Kapuscinsky si trova lì, proprio nel mezzo dell’assedio di Luanda, ospite all’Hotel Tivoli, immerso nel caos e nella crescente paranoia che pervade la città mentre via via si spopola, dentro quella confusao, in cui ama essere, perché sa che lì è la sua missione: dare una voce a chi non ce l’ha (“La povertà non ha voce, la mia missione è che venga sentita” è una delle frasi del giornalista che scorrono sullo schermo al termine del filma a fianco dei titoli di coda).
La vita di Ricardo a Luanda e l’avanzamento del giornalista verso l’avamposto del comandante Farrusco sul fronte meridionale, luogo da cui si diceva che nessuno fosse mai tornato, sono narrate attraverso l’animazione, con una tecnica vicina alla graphic novel, mezzo espressivo che pare particolarmente adatto per raccontare una vicenda storica presentandola, da una parte, attraverso l’oggettività dei fatti, di ciò che accade, e dall’altra, della soggettività di chi quei fatti li vive. Il linguaggio dell’animazione qui, si fa mezzo espressivo atto a tradurre in poesia visiva ciò che a parole è difficile esprimere: il lato emotivo del protagonista. Ecco allora che a tratti l’immagine si sfalda, esplode, si sgretola, si scompone e ricompone sullo schermo, facendo però sempre perno sull’incedere di Kapuscinsky nel suo viaggio. L’immagine rompe — anche letteralmente, spezzando le linee del disegno — schemi spazio-temporali portando lo spettatore a contatto con l’intimità del protagonista, con tutto lo smarrimento e la confusione interiore provata da Ricardo nel corso della sua esperienza in Angola.
Ma, sostiene Kapuscinsky, “La confusione è potente, e va attraversata”, e si capisce bene in questo guado che il viaggio del giornalista non prescinde dal viaggio dell’uomo che, con le proprie azioni, contribuisce a fare la storia.
Alla reinvenzione animata in stile graphic novel si mescola un lavoro di ricerca e di indagine sul reale che ritrova il registro del documentario nelle interviste ai protagonisti di allora: Arturo, Luis Alberto, il vecchio Farrusco e le riprese e le immagini fotografiche di Carlotta, il miglior soldato dell’MPLA morta a nemmeno vent’anni, squarci sul tempo attuale che restituisce uno sguardo a un passato storico.
Reportage di guerra e viaggio nell’anima, Another day of life solleva interrogativi non solo di carattere politico, ma anche di tipo esistenziale sul senso della vita, oltre che riflessioni di carattere etico e morale su quale sia il senso stesso della professione di reporter, di narratore di storie e dello scrivere più in generale. E nel polverone, nella confusao che da questi interrogativi si solleva, si fanno starda i personaggi protagonisti della vicenda, ognuno a portare le proprie risposte, il proprio senso delle cose, dei fatti, della vita.